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SANT’AGNESE E IL TONFO DEL TSA


di TACCANELLA
dal quindicinale ”Ju zirè”, 21 gennaio 2006


Sant’Agnese e il tonfo del Tsa Perchè chi deve intendere intenda meglio, questa volta Taccanella parla in italiano pulito più di quanto solitamente sappia fare.

Dunque la Tre Giorni Sant'Agnese. Grande il Comitato organizzatori. Grandissimo il programma con i primi due giorni dedicati a convegni sugli aspetti della maldicenza nazionale e internazionale con ospiti livello che si sono innamorati dell'iniziativa e dell'Aquila ripagati con eguale amore.

Grande l'inossidabile Andreotti il quale nemmeno davanti a Bruno Vespa ha fatto una piega. Sant'Agnese, è stato detto, ha un aspetto di follia, perchè parlare male del male, aggiungiamo noi, ha significato sempre il rischio, oggi ancor più di ieri. La maldicenza, ha detto il londinese di Sicilia Antonio Caprarica, è la stampa istituzionalizzata.

Noi che istituzionalizzati non siamo, diciamo allora la nostra con franchezza. E allora diamo il massimo voto a tutto ed a tutti. All’organizzazione, perfetta delle prime due serate, ma non all'organizzazione e alla regia della terza, che poi era la serata piena della Città.

Una prima serata internazionale colta, ci ha fatto ha insegnato come si ride altrove del male dei potenti; una seconda serata colta, ci ha fatto vedere come satireggiano i potenti contro se stessi e contro gli altri, soprattutto.

La terza, lo ripetiamo, doveva essere la serata della città. E' stata invece la serata degli attori professionisti, che hanno tenuto scena, è il caso di dirlo, per due ore consecutive, relegando al ruolo di comparse coloro che avrebbero dovuto riflettere i protagonisti, gli attori presi dalla strada, tra professionisti di vario rango, che Maria Cristina Giambruno nelle precedenti edizioni aveva invece valorizzato come si doveva e come la sua sensibilità le aveva dettato.

Completamente fuori luogo le immagini che accompagnavano le letture dei testi, fino oscurarli; del tutto campatti per aria la lettura del brano dell'Otello di Schakespeare che nelle intenzioni dei proponenti avrebbe dovuto tener sveglia l'attenzione del teatro su un argomento quale la maldicenza e che invece si è rivelato palloso come poche volte ci è capitato di ascoltare. Quei pochi attori presi dalla strada sono stati umiliati al punto che perfino l'applauso finale gli è stato fatto raccogliere come una concessione.

Del resto era stato concessa loro già troppo, con la sortita dalle quinte dove erano stata relegati per dire il loro brano ma rigorosamente in dialetto perchè l'italiano era riservato a loro: agli attori professionisti, manco fossero stati Gasman o Carmelo Bene. Ci dispiace dirlo (e non vorremmo che i promotori di ”Pianeta Maldicenza” la prendessero come un fatto personale poichè loro non c'entrano affatto) ma abbandonare la linea Giambruno ha significato snaturare la serata aquilana di Sant'Agnese che è, lo ripetiamo, tutta della Città.

Altrimenti non si capirebbe il brindisi caldo offerto dalla municipalità nel Cortile del Palazzo e l'orchestra di buon musica, di Dante Sorrentino. Se una lezione c'è da tratte da questo ”incidente” è quello che ai curatori della regia della manifestazione non deve dare carta bianca. Bisogna invece lasciargli il guinzaglio come si fa con cani che si portano a spasso fino a un ceno punto e non oltre. Porre dei paletti noi significa imprigionare la creatività.