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LESSICO DELLA MALDICENZA ITALIANA
di PAOLO PETRONIda Agenzia Ansa, 6 marzo 2006
LIBRO DEL GIORNO: L'ARTE DI INGIURIARE IN ITALIANO
"BRUTTI, FESSI E CATTIVI" LESSICO STORICO UTET DELLA MALDICENZA (ANSA)
ROMA, 6 MAR - GIOVANNI CASALEGNO e GUIDO GOFFI, "BRUTTI, FESSI E CATTIVI - Lessico della maldicenza italiana" (UTET, pp. 412 - 25,00 euro). Ha il titolo di uno di quei film di spaghetti-western di vari anni fa, ma è una raccolta quasi scientifica del lessico italiano dell'arte dell'ingiuria, ieri, oggi e (sicuramente) domani.
Un'arte, quella della retorica dell'offesa, cui Jorge Luis Borges dedicò uno studio negli anni '30, partendo dal fatto che «l'uomo della strada indovina la stessa professione nella madre di ogni passante», come ricorda Giovanni Casalegno nell'introduzione al volume.
La verità è che l'ingiuria e l'insulto fanno parte della nostra vita, dei momenti di rabbia o indignazione. Scagli la prima pietra chi non ne ha mai pronunciato uno. E quelli belli sono i più creativi, che mostrano una vena ironica e nascono dall'invenzione personale, che vuole arrivare a colpire in maniera più eclatante e quindi, a sorpresa, più diretta.
Per chi, di queste qualità istintive difettasse, il volume può essere un buon luogo di partenza e una fonte inesauribile di spunti, a cominciare da quelli arcaici Del resto, lasciando da parte Borges, l'ingiuria («un atto linguistico di sintesi»), che ha una tradizione popolare rozza e spesso a sfondo sessuale, ha anche una storia letteraria alta e tutti possiamo ricordare quelle implacabili, che segnano una condanna, nella Commedia di Dante, o quelle teatrali, articolate di Shakespeare, per arrivare sino ai nostri giorni, ai ragazzi di vita di Pasolini o al gioco barocco e pletorico di Gadda sul Duce-Cuce, solo per fare qualche esempio.
Naturalmente il libro raccoglie le testimonianze colte, ma passa poi trasversalmente lungo tutta la produzione artistica e non, per arrivare al mondo dei media d'oggi, dal giornalismo ai blog, in cui l'insulto è vivissimo, anche se generalmente, sottolineano gli autori, di bassa lega, ripetitivo nella creazione e volgare. Ma tant'è, in una società dove hanno fatto strada (e persino storia) proprio coloro che hanno creato l'arte di insultarsi in dirette tv.
Non a caso da qualche anno ha un certo successo la manifestazione "Pianeta maldicenza", che si tiene all'Aquila a metà gennaio per celebrare «l'antico costume cittadino di parlare liberamente». Se poi si vanno a aprire queste 400 pagine, si vede che partono da 'Abbaiatorè (di chi grida e insulta a vanvera) per arrivare a "Zuzzurellone" (di adulto immaturo e giocherellone), che paiono termini poco incisivi, ma in mezzo si trova di tutto. Non vi sarà nessuno quindi che resisterà alla lettura, a spulciare le varie lettere per trovare curiosità e scoprire che gli autori, rivelando alcuni loro atteggiamenti personali, hanno inserito anche termini come "Guerrafondaio" o "Palazzinaro".
Più curiosità, in questo contesto, suscita la presenza di vocaboli come "Anorgasmico" (che non raggiunge l'orgasmo, che non si eccita). E se ci sono i classici e ormai storci Rabbino e Ebreo (per avaro), bisogna notare che sono classificati tra le ingiurie un pò più nuove, kapò (ma manca Essesse) e Khomeinista.
Per chi fosse invece attirato dalle curiosità e intendesse usare l'insulto anche per farsi notare, ecco due esempi a caso, "Brandano" (di persona trasandata, come S. Brandano che vagò 7 anni alla ricerca del Paradiso) e "Pelanibbi" (truffatore - da pelare/derubare e nibbio, simbolo di stupidità - ma se si va a vedere, "Nibbiaccio" risulta essere una persona avida e rapace).
Questo per confermare che «insulti, ingiurie, maldicenze, improperi, epiteti, contumelie, non sono soltanto semplici parolacce o strumenti di aggressione verbale, ma lo specchio profondo di una persona e, nel loro complesso, di un'intera civiltà, della sua mentalità, della sua cultura, del suo sistema di valori, dei suoi codici di giudizio, delle sue paure, delle sue difese. «E il tentativo di "Brutti, fessi e cattivi" - annota Casalegno - è quello di rendere conto di tale complessità».
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