Arcivescovi, medici, antropologi, anche il presidente dell'Accademia della Crusca, moderati da un aquilano doc come Bruno Vespa. Una sorta di Porta a Porta sulle malelingue con colpi(bassi) di scena assicurati, grazie all'intervento dello special guest Francesco Cossiga che sta già accendendo le micce delle sue provocazioni,("Le bombe di Bologna. Castagnole").
"Il maldicente è almeno un individuo libero - osserva Tommaso Ceddia, che aprirà il convegno, medico microbiologico e presidente dell'associazione culturale Confraternita dei Devoti di Sant'Agnese.- E' immorale, certo, se vuole il male di altri e se quel che dice è falso e ingiusto. Era immorale Giovanni Battista quando parlava male di Erode? Era maldicente Socrate quando denigrava i potenti? E' possibile raccontare il male e, insieme, volere il bene?". Liberiamoci da pregiudizi: "la maldicenza è spesso una forma di satira. E la satira plasma i sentimenti che motivano le azioni giuste e buone. Altrettanto spesso la maldicenza è aspra critica di costumi e del potere, espressione della lodevole volontà di una società migliore. Può essere forma di intrigante diffusione di notizie".
La maldicenza pratica senza cattiveria, sostiene Ceddia, fa bene alla salute. Induce rilassamento, distende: Un effetto che si può misurare scientificamente grazie al Pet, tecnica che dimostra quanti neuroni celebrali vengono impiegati durante questa attività, mentre la calunnia ne impegna ben di più.
L'antropologa dell'Università di Perugina Daniela Marcheschi, curatrice critica dell'ottocentesco "Ingiurie, improperi, contumele raccolti da Salvatore Bongi" si soffermerà sulla sottile e vischiosa differenza fra dire male e dire il male. "Dire male è il vizio di sparlare e di calunniare, è il venticello che diventa colpo di cannone - spiega -. Dire il male invece è mettere in evidenza ciò che di negativo esiste nella società, è una cosa positiva, un esercizio di libertà. Quando si dice il male si entra nel dominio della satira, si va contro il potere e l'autorità costituita, si indicano prospettive".
Sarà un'apoteosi della maldicenza. Se ne dirà benissimo forse con la sola voce discordante del magnifico rettore della Pontificia Università San Tommaso Angelicum di Roma, il domenicano Francesco Compagnoni, chiamato a dissertare su etica cristiana e maldicenza. Per il resto - è facile prevederlo - saranno tutti d'accordo con quanto scrissero Fruttero e Lucentini ne "Il cretino in sintesi".
"Noi non scartiamo l'ipotesi che nella maldicenza si debba vedere l'estremo rifugio dell'individuo indipendente, il privato territorio ove ognuno può ancora ragionare con la propria testa, esercitare e affinare le proprie capacità di giudizio, di osservazione, di confronto, di critica, di satira. Tagliare i panni addosso agli altri è forse l'ultima trincea del libero pensiero".
Laura Laurenzi