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Convegno 2004 - Rassegna stampa

TAGLIA E CUCI, OVVERO L'ARTE DELLA MALDICENZA

di Manuela Piancastelli
"Il Mattino" di Napoli, 11 gennaio 2004

La maldicenza? Chiedete a un pettegolo se esiste e vi risponderà: ma no, è un'idea bislacca delle vittime di verità scomode. Come chiedere a un mafioso se esiste la mafia. In realtà, anche quando la calunnia assume la leggerezza del pettegolezzo da salotto rischia di stritolare l'oggetto delle chiacchiere. E, come nelle migliori torture, più la vittima reagisce e si ribella, più inconsapevolmente finisce col mettersi nei guai. Tipica frase: se si agita tanto vuol dire che c'è qualcosa di vero...

Ma è proprio così? Non è un tema da poco visto che se ne parla da secoli nei trattati di teologia e morale non solo cristiana e se ieri a L'Aquila, al Teatro comunale, si sono riuniti per parlare del "Pianeta maldicenza" docenti universitari, politici, giornalisti, antropologi, rappresentanti del mondo cattolico. C'erano Bruno Vespa, che da padrone di casa del salotto mediatico d'Italia di maldicenti e pettegoli ne conosce sin troppi, e il picconatore per eccellenza, Francesco Cossiga, il presidente dell'Accademia della Crusca e il rettore della Pontificia Università di Roma.

Il convegno è nato da un'idea della Confraternita dei devoti di Sant'Agnese, martire cristiana, eletta sin dall'antichità protettrice dei maldicenti e di ogni mese di gennaio (il 21 si festeggia appunto Sant'Agnese) si riuniscono le ottanta confraternite devote alla giovane donna che subì il martirio per non aver voluto sottostare alle proposte indecorose del figlio di un protettore romano.

Un convegno nato intorno ad un teorema tutto da dimostrare, ossia che la maldicenza resta l'ultima frontiera di chi non ha voce, di chi vuole esprimere il proprio dissenso. Una forma alta di critica sociale e politica, insomma. L'antropologa Daniela Marcheschi della maldicenza ha dato una lettura addirittura sovversiva. "Dire il male significa mettere in evidenza ciò che di negativo esiste in una società, si va contro il potere e l'autorità costituita".

A L'Aquila - spiega il presidente della Confraternita, Tommaso Ceddia -"la maldicenza viene intesa come sano antagonismo e nel suo spirito di valenza sociale, che non ha nulla a che vedere con il pettegolezzo di basso profilo". Insomma, il convegno ha voluto rivalutare quella che per il linguista Tullio De Mauro è solo "l'abitudine a mettere in rilievo colpe e difetti altrui, a divulgare notizie vere o false con malizia e perfidia". Uno sport da contorni aguzzi, un quadrilatero con gli angoli segnati da invidia, viltà, arrivismo e menzogna.

Ner sanno qualcosa le vittime del mobbing, parola che viene dal latino "mobile vulgus" che significa appunto "movimento di gentaglia". Il "mob", termine inglese, significa conflitto sociale senza capi, fuoco plebeo. Alberini tempo fa ha scritto che la "maldicenza è anche una forma di lotta all'interno del proprio ambiente di lavoro. Vi sono individui che usano sistematicamente la maldicenza per rallentare o impedire l'ascesa di chi considerano un potenziale concorrente. Mettono in giro delle voci che però, proprio perché circolano sulla bocca di tutti vengono prese per vere".

Diversa l'opinione di Francesco Cossiga: "La maldicenza è un a critica in chiave sarcastica ma non è mai cattiva. Deve sempre partire dalla verità. Noi sassaresi della maldicenza sbbismo fatto un'arte. Un'arte finissima".D'altra parte sono davvero pochi i "grandi" che non siano stati pettegoli o maldicenti nei confronti dei propri antagonisti. Da Petrolini a Malaparte, da Martinetti a Montanelli non si salva nessuno. Lo si evince anche dalla grafia che si presenta fluida e spigliata(come la loro lingua sciolta), con spazi larghi tra le parole (per l'esagerazione dei fatti), scarsa triplice larghezza (per la superficialità) condita dai ricci della spavalderia(mancanza di senso del rispetto).

Parola di grafologo. Un po' maldicente, naturalmente.

Manuela Piancastelli