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Convegno 2004 - Rassegna stampa

MALDICENZA NON SEMPRE E' MALIGNITA'

di Umberto Pinotti
Rivista "Il Carabiniere", marzo 2004

Incredibile, ma vero! Anche i maldicenti e i linguacciuti hanno la loro protettrice: è Sant'Agnese. Perché proprio lei? Secondo una ricostruzione storica, furono, secoli fa, le prostitute e le "serve" (come venivano apostrofate le malmaritate) che lavoravano a servizio dei nobili a introdurre questa antica tradizione. Ospitate caritativamente nell'antico monastero di Sant'Agnese, nel centro della città, costoro si ritrovavano il 21 gennaio, giorno in cui era proibito lavorare nel ricordo della Santa. In tale occasione, passatempo preferito delle donne era quello di rendere pubblici i pettegolezzi e i segreti delle case gentilizie cui "badavano". Questa sarebbe la base popolare della singolare festa, da sempre rispettata nel capoluogo abruzzese, con grandi tavolate ricche di cibi farciti accompagnati da pungenti prese in giro.

Evocata la storia, ritorniamo al presente. Anche quest'anno, rigorosamente il 21 gennaio, l'Amministrazione comunale del capoluogo abruzzese ha patrocinato una due giorni di studi dedicati alla "sana maldicenza nell'era della comunicazione integrata". Il programma delle manifestazioni prevedeva sia le finali di un concorso di tipo teatrale-letterario sull'arte del "taglia e cuci", sia un convegno nazionale, il primo nel suo genere mai tenuto in Italia, dal titolo "Il pianeta maldicenza". A moderare il dibattito è stato il giornalista Bruno Vespa, nativo de L'Aquila, mentre il rango di ospite d'onore è stato affidato all'Emerito Presidente Francesco Cossiga.

Ascoltiamo, per l'autorevolezza che gli conviene, il professor Tommaso Ceddia, Presidente dell'Associazione culturale Confraternita dei Devoti di Sant'Agnese.

Ceddia, medico, docente universitario ed uno dei promotori del convegno, nel suo intervento ha inteso ricordare come "oltre essere disposizione a parlare, a diffamare, a mettere in rilievo le colpe e i difetti altrui, a divulgare notizie vere o false con perfida malizia, a fare pettegolezzi, maldicenza può significare inclinazione a criticare con grande severità e acredine.

Può anche indicare il carattere satirico, mordace, pungente, salace di un componimento letterario, è forma della satira il cui contenuto è il vizio del satireggiato. La troviamo nella urbanitas di Seneca, nell'eleganza di Petronio, nella censura di Marziale, nell'acredine di Giovenale, nell'invettiva di Dante, nell'ira di Foscolo, nella denuncia di Zola, nella mordacità di Montanelli, nelle vignette finemente ironiche di Forattini, di Giannelli e di altri primari vignettisti.

La maldicenza è spesso forma della satira, il cui contenuto è il vizio satireggiato. E la satira, suscitando forti emozioni, plasma i sentimenti che motivano le azioni giuste e buone. Altrettanto spesso la maldicenza è critica aspra dei costumi e del potere, espressione della lodevole volontà di una società migliore".

"Noi della tradizione aquilana", ha poi puntualizzato l'illustre oratore, "non coltiviamo per nulla il significato malizioso o malefico di alcune maldicenze. Incoraggiamo, invece l'aspetto critico e positivo di quelle che si rivolgono a comportamenti ed eventi d'interesse comune nel segno della libertà e della dignità di tutti gli uomini. Pensiamo che questa aquilana maldicenza agnesina si riferisca al carattere libero e fiero degli abitanti della città. Il singolare gioco della tradizione, della corale celebrazione del maldicenza il 21 gennaio d'ogni anno, significa critica franca, mordace e mai maligna". E qui termina, sia pur con un riporto di sintesi, l'intervento del Presidente dei Devoti di Sant'Agnese.

Chi prova a raccontarvi quanto si è detto di sarcastico tra le mura aquilane è un toscano d'origine, livornese in specie proveniente dall'isola d'Elba, nativo di uno splendido ed amabile paese che si domina Porto Azzurro. E da toscano, conterraneo di valentissimi e piccanti canzonatori, debbo ragione, con la benedizione di Sant'Agnese ed il permesso degli aquilani, della innata arguzia degli abitanti della mia regione, della nostra capacità di scoccare frecciate, indolori è naturale, non velenose si, ma pungenti.

E quindi, sfogliando un vecchio libro, edito nel 1958 per i tipi della Casa Editrice Meschina, intendo dal conto, assieme all'autore del testo, Dino Provenzal, livornese d'origine, della beffarda iconografia toscana. Arco alla mano, udite il sibilo della frecciata di un toscano doc: Giosuè Carducci.

Si racconta nel Dizionario della maldicenza - così si intitola il libro di cui dianzi parlavo - che quando il Carducci pubblicò le Odi Barbare, un tale le comprò, non ci capì nulla e mandò al poeta questo distico: "Quattro facèstimi, Enotrio, mie". Il Carducci apprezzò la franchezza del suo mancato ammiratore e gli restituì quattro lire, ammonendolo, però, di non comprare più altri suoi versi.

L'onore della citazione si deve ad un altro toscano, altrettanto doc, Indro Montanelli, che Leo Longanesi così ricorda: "Qui giace Indro Montanelli, un misantropo che cercava la compagnia degli altri per sentirsi solo." A sua volta Montanelli, da illustre, acuto toscano, tanto ha dedicato sul conto di Mario Soldati, seminarista eretico, regista fallito, magnifico scrittore, decorato del Premio Strega per l'unico romanzo che non gli riuscì."

Tanti altri miei conterranei che sono stati, o che tuttora sono, me ne vorranno, poiché risentiti per la mancata menzione, satirescamente parlando: ma debbo chiudere il mio - così spero - ameno discorrere, per via degli spazi che mi costringono.

Ritornando a L'Aquila, alle giornate della burla, e siccome preoccupati che, in una terra di maldicenti(nel senso più nobile, s'intende), nelle giornate delle canzonature qualche puntura di spillo possa infliggersi nelle nostre carni per non aver dato spazio e voce al rappresentante comunale, al gran ilare che tutti rappresenta, cediamo la parola conclusiva al sindaco aquilano, dottor Biagio Tempesta, membro di una delle novanta confraternite, congreghe e gruppi di amici che la sera del giorno intitolato dalla Chiesa a Sant'Agnese si radunano nei vari ristoranti e, a suon di lencuate (linguate), si contendono le cariche del gruppo. "L'Aquila capitale della maldicenza? Si, è una definizione che mi piace, se maldicenza intendiamo l'aspetto positivo, cioè lo stimolo dialettico, l'originalità della battuta che spinge a fare. E' carina questa definizione, se non la si fonda sul pettegolezzo, un aspetto deteriore del dir male".

Sappiatelo, dunque, maldicenti, ilari, mordaci, sarcastici e caustici tutti: il prossimo appuntamento è per il 21 gennaio 2005 a L'Aquila, sotto i benevoli auspici di Sant'Agnese, bontà Sua e speranza nostra.

Dimenticavo: viva lo scherzo, viva gli aquilani ed i toscani. Abbasso i musoni ed i seriosi.

Umberto Pinotti